Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto e il Tribunale di Rovigo, con due distinte ordinanze, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale in merito all’art. 13, comma 4, del d.l. n. 183/2020, con il quale il termine di sospensione delle procedure esecutive sulla casa principale del debitore è stato prorogato, per la seconda volta, fino al 30 giugno 2021.
Per i Giudici remittenti tale previsione si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 24, 47, 111, e 117, comma 1 Cost., quest’ultimo posto in relazione con l’art. 6 della CEDU e l’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU.
La proroga della sospensione delle procedure esecutive rappresenterebbe infatti un esempio di errato bilanciamento dei contrapposti interessi tra debitori esecutati e creditori, dal quale discenderebbe:
La Corte ritiene fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento agli artt. 3, comma 1, e 24 Cost., con assorbimento delle altre.
Da un lato la tutela esecutiva è parte essenziale della garanzia costituzionale della tutela dei propri diritti ex art. 24 Cost. e, come tale, può essere temporaneamente sacrificata solo in presenza di specifiche circostanze.
Dall’altro il diritto all’abitazione rappresenta un diritto sociale, che, in applicazione del dovere di solidarietà sociale, può portare al temporaneo sacrificio di altri diritti.
A tale proposito, la Corte qualifica la sospensione delle procedure esecutive come un evento eccezionale, che può essere previsto solo in presenza di particolari esigenze transitorie e per un ristretto periodo temporale.
Pertanto, la soddisfazione del diritto del creditore in sede esecutiva può essere dunque differita in presenza del fondamentale e contrapposto diritto all’abitazione, solo ove vi sia un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco.
Quando è stato introdotto, il beneficio della sospensione delle procedure esecutive è stato riconosciuto in termini ampi e generici a tutti i debitori esecutati che dimoravano nell’abitazione principale posseduta a titolo di proprietà o in forza di altro diritto reale.
Una definizione così ampia era giustificata dall’esigenza di rendere più agevole, rapida ed immediatamente efficace la misura di protezione durante l’emergenza pandemica.
Ora, dato il tempo ormai trascorso dall’inizio della pandemia, un criterio così generico non è più giustificato.
Il legislatore, con la norma in esame, si è infatti limitato a prorogare una misura generalizzata e di extrema ratio senza dar conto delle ragioni oggettive che giustificavano il protrarsi di questa eccezionale misura.
La violazione dei principi di bilanciamento di cui sopra hanno quindi portato alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 4, del d.l. n. 183/2020.
La Corte, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma, chiarisce che il legislatore avrebbe dovuto specificare i presupposti soggettivi e oggettivi della sospensione delle procedure esecutive, assegnando se del caso al Giudice dell’esecuzione il ruolo di valutare in concreto il bilanciamento degli interessi in gioco.
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