Una società provvedeva al pagamento di alcune somme di denaro ad un avvocato, dopo che le era stato intimato con atti di precetto fondati su titoli giudiziari. Successivamente, la società agiva in giudizio nei confronti dell’accipiens, chiedendo ex art. 2033 c.c. la restituzione degli importi che riteneva essere stati indebitamente versati.
Il Tribunale accoglieva le doglianze della società. Al contrario, la Corte d’Appello riformava la decisione di primo grado, ritenendo preclusa al debitore la possibilità di esperire l’azione di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. Per i Giudici di secondo grado, il pagamento avvenuto a seguito dell’intimazione del precetto non poteva considerarsi spontaneo, perché avvenuto all’esito di un processo esecutivo, e, di conseguenza, il debitore non poteva più avvalersi dello strumento di cui all’art. 2033 c.c.
La società ricorreva dunque in Cassazione, articolando cinque motivi.
La Suprema Corte ha ritenuto manifestamente fondato il secondo motivo, cassando la decisione con rinvio.
Con il secondo motivo, la società ricorrente ha censurato la decisione impugnata nella parte in cui sostiene che al debitore è precluso esperire l’azione di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., se il pagamento è avvenuto in seguito di intimazione di precetto di pagamento. La Corte d’Appello aveva richiamato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la preclusione si determina all’esito della definizione del processo di espropriazione forzata e aveva concluso che anche nel caso di specie opererebbe detta preclusione, avendo il debitore intimato la possibilità di proporre opposizione ex art. 615 c.p.c.
La Suprema Corte esamina l’indirizzo richiamato dai Giudici di secondo grado e spiega perché non può trovare applicazione nei casi di adempimento a seguito di intimazione di precetto.
La preclusione interviene quando viene pronunciato il provvedimento giurisdizionale che definisce il processo esecutivo, con la definitiva approvazione del piano di riparto e/o l’assegnazione ai creditori degli importi dovuti e liquidati in loro favore. La ratio di tale principio è quella di assicurare stabilità ai risultati del processo.
Al di fuori dei casi in cui l’adempimento è avvenuto in via coatta all’esito di un processo esecutivo ormai definitivamente chiuso, la suddetta preclusione non può trovare applicazione.
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Gli Ermellini ricordano che l’intimazione del precetto di pagamento è un atto pacificamente ritenuto stragiudiziale. Il successivo pagamento deve considerarsi spontaneo: non è un adempimento coattivo che avviene all’esito di un processo esecutivo.
La Corte, inoltre, indica ulteriori due ipotesi in cui l’adempimento deve essere considerato spontaneo: 1) quando avviene dopo il pignoramento, ma prima della definizione del processo esecutivo; 2) quando viene effettuato allo scopo di evitare il pignoramento stesso.
La Suprema Corte conclude precisando che la preclusione all’esperimento dell’azione di ripetizione dell’indebito ha natura strettamente processuale. Ciò porta con sé due conseguenze:
Nessun rilievo può, pertanto, essere attribuito alla possibilità per l’intimato di proporre opposizione ex art. 615 c.p.c.
Tale opzione processuale costituisce infatti un rimedio facoltativo il cui mancato esperimento non produce, sul piano sostanziale, alcun effetto preclusivo in relazione alla possibilità per il debitore di esperire, in via alternativa, l’azione di ripetizione dell’indebito.
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