Il licenziamento può essere comunicato anche senza l’utilizzo di formule sacramentali ed è valido ed efficace anche se comunicato al lavoratore in forma indiretta (cfr. Cass., sez. Lav., 05 agosto 2022, n. 24391)
Il fatto
Un lavoratore, dipendente di una amministrazione provinciale, veniva licenziato per l’assoluta e permanente inidoneità al servizio, perché, a seguito di un infarto al miocardio, era stato dichiarato dalla Commissione medica di verifica non idoneo permanentemente al servizio in modo assoluto.
L’Amministrazione non dava comunicazione diretta del licenziamento al lavoratore, limitandosi ad indicare tale decisione in una determina dirigenziale con cui veniva ratificata la messa a riposo del lavoratore, di cui questi aveva acquisito copia informalmente presso gli uffici dell’Amministrazione.
Su tali presupposti, il lavoratore impugnava il licenziamento, ritenendolo privo di motivazione e di forma scritta, nonché illegittimo per vizio di omessa comunicazione. Secondo il dipendente, il licenziamento sarebbe stato inefficace, perché mai gli sarebbe stata consegnata copia conforme dell’atto di recesso, avendo egli solamente rinvenuto una copia senza conformità del provvedimento di messa a riposo, privo di firma in originale, per il tramite di un accesso informale agli uffici amministrativi.
Il Tribunale dichiarava inefficace il licenziamento intimato, qualificandolo come orale. La Corte d’Appello, al contrario, concludeva per l’efficacia della risoluzione del rapporto, ritenendo sussistenti i requisiti della forma scritta del recesso e della conoscenza da parte del destinatario.
I Giudici di secondo grado rilevavano, infatti, che il licenziamento era contenuto nella determina dirigenziale e che, pur non essendo dimostrato il fatto storico della comunicazione di tale determina al proprio dipendente, ciò non impediva al licenziamento di essere qualificato come efficace, perché il lavoratore era comunque venuto a conoscenza della comunicazione datoriale, dal momento che lo stesso aveva dichiarato di averne acquisito copia informalmente presso gli uffici dell’amministrazione.
Il dipendente proponeva ricorso per Cassazione.
Scopri la nostra consulenza in materia di diritto del lavoro
Secondo la Cassazione la volontà di licenziare può essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara
La Suprema Corte respinge il ricorso, premettendo come, nel caso di specie, non si pongano dubbi in relazione alla sussistenza del requisito della forma scritta, dal momento che la volontà di recesso e le relative ragioni erano espresse nella determina assunta dall’Amministrazione datrice di lavoro con cui era stata ratificata la messa a riposo del dipendente.
Il focus della decisione in commento è rappresentato dalla corretta interpretazione della L. n. 604 del 1966, articolo 2: tale norma, al comma 1, stabilisce che l’imprenditore deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro e, al successivo comma 3, che il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai precedenti commi è inefficace.
Non può quindi essere condivisa, secondo la Corte di Cassazione, la tesi difensiva del lavoratore secondo cui la determina dirigenziale di collocamento a riposo avrebbe dovuto essere in ogni caso comunicata in copia conforme ed in originale all’interessato, con conseguente irrilevanza della sua conoscenza aliunde.
Questo perché, con riferimento alla forma del licenziamento, ciò che la norma di cui sopra prescrive a pena di inefficacia è che il recesso sia comunicato al lavoratore per iscritto, senza imporre modalità specifiche di comunicazione. Ne consegue che, non sussistendo per il datore di lavoro l’onere di adoperare formule sacramentali, la volontà di licenziare può essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara.
Conseguentemente, la Suprema Corte confermava la validità e la piena efficacia del recesso datoriale.
Scopri la nostra consulenza in materia di diritto del lavoro